Cornaredo, 13 settembre 1995, lo stadio รจ stracolmo di gente: bambini accompagnati dai genitori e tante donne, tutti entusiasti di vedere Roberto Carlos, Pagliuca, Bergomi, Carboni. Ma ci sono anche i tifosi bianconeri, quelli che sono sugli spalti per vedere il Lugano, quello con Galvao, Colombo, Walker (che beve latte e mangia tanta cioccolata), Renรฉ Morf e tanti altri ticinesi.
Le nuvole in cielo non promettono nulla di buono, al pari dei pronostici che danno ai piccoli svizzeri poche chances. Ma prima di perderle, lo insegnano tutti gli allenatori, le partite sono da giocare.Fischio dโinizio. Siamo subito in palla, mentre lโInter che arriva in Ticino conferma di essere una squadra in crisi.ย In campo non si vedono grandi differenze. La partita comincia bene e sfioriamo il gol in alcune occasioni con Erceg, Gentizon e Shalimov (prestato proprio dallโInter!).
Come spesso accade nel calcio, e contro l’andamento della partita, basta un’occasione ad un campione come Roberto Carlos per segnare su punizione.
La partita continua con il nostro sterile dominio. Fine del primo tempo, il tabellone segna zero a uno.
Il secondo tempo continua seguendo lo stesso copione, quando ecco che in scena entra lโalleata che non ti aspetti: la pioggia! Prendiamo coraggio. Tocca a me battere un calcio dโangolo. Tutti lasciano passareย la palla in area e quasi facciamo gol.
Piove. Ancora un corner. Prendo la palla, la guardo, la bacio, le parlo. Piove. Piazzo la palla, faccio i passi indietro necessari. Piove tanto. Tiro. Calcio la palla con potenza e un effetto incredibile. Non piove, diluvia. Pagliuca esce dai pali, ma piove anche per lui. Gol! Uno a uno!
Corro come un matto al centro del campo, grido di felicitร ,ย mi butto per terra! Ma la partita non รจ finita e cerco di mantenere la concentrazione fino alla fine della partita. Al triplice fischio finale mi accorgo che ho fatto un gol importante. Penso al piccolo cileno, rifugiato politico, venuto da lontano… sono al settimo cielo, ma รจ solo la prima parte di un sogno che iniziamo a toccare con mano.
Il 27 settembre 1995 รจ in programma la partita di ritorno a San Siro, non proprio uno stadio di provincia.ย La chiamano โla Scala del calcioโ dove ci ha giocato gente come Meazza, Rivera, Platini, Maradona. Ma quel 27 settembre ci siamo anche noi, ragazzi della periferia di Milano, luganesi cresciuti a 70 km di distanza, arriviamo. Quella sera San Siro รจ semi vuoto (circa 20 mila spettatori). I tanti ticinesi arrivati per tifare sono convinti che probabilmente la serata sarร tranquilla per l’Inter e durissima per i bianconeri.
Fischio dโinizio. La partita รจ intensissima e noi a livello tattico ce la giochiamo correndo come matti. Il primo tempo passa senza emozioni. Rientriamo negli spogliatoi e anche in quelle situazioni hai il tempo per sentire il rumore della fama di chi ci รจ passato prima. Il secondo tempo riprende avaro di situazioni pericolose. Mister Morinini aveva preparato la partita in modo perfetto dal profilo tattico.
Ad un certo punto William Fornera โil rossoโ mi passa vicino e mi dice: ยซEdo mancano dieci minuti, pensi che un colpo di fortuna possa arrivareย ancora?ยป. Ed io lo fisso negli occhi e gli dico:ย ยซMah!ยป
Si arriva all’ottantaseiesimo. Lโarbitro fischia un fallo a nostro favore fuori dallโarea dei nerazzurri. Prendo la palla, la guardo, la fisso e la bacio (stavolta non le parlo), mi allaccio anche la scarpa, guardo Galvao e gli dico: โVecchio schema Mauro!โ.
Prendo la rincorsa. Le Lotto nere e verdi che indosso sono solide come lโacciaio. Imprimo alla palla un effetto leggero e, oggettivamente, parte una scarpata incredibile (voluta per ingannare gli avversari?). Il pallone parte e segue la sua traiettoria. Una, due, tre, quattro, cinque, sei paia di gambe (roba da guinness!) danzano attorno alla palla. Sembrano rincorrerla, sfiorarla, ma lei – la palla – continua la sua traiettoria, segue quella linea impressa con quello strano effetto, con quelle scarpe solide come lโacciaio. Le gambe lasciano passare il pallone verso Pagliuca. Lui, forse ancora abbagliato dalla partita a Lugano o forse confuso da quella selva di gambe, cerca di prendere la sfera con unโuscita solo in apparenza sicura. Lascia un fatale pertugio tra sรฉ e il palo. Il tiro รจ piรน forte delle sue braccia, ed รจโฆ gooooool!
Inizio a correre come un pazzo sul prato di San Siro. Penso di aver percorso (con tempi da campionato del mondo di atletica) circa 1โ500 metri. Una corsa attraverso lo stadio con una sola parola sulle labbra… che non si puรฒ ripetereโฆ. diciamo che si potrebbe riassumere con un โcavoli che botta di fortuna!โ.
La partita รจ finita, inizia una grande festa e il piccolo cileno e ticinese, con la maglia del piccolo Lugano che indossa da quando ha iniziato a giocare a calcio, ha segnato due gol alla grande Inter. Due reti cheย – ho imparato a rendermene conto nel corso degli anni – rimarranno nella storia.