Tramezzani: desidero una squadra compatta

Sala est di Cornaredo gremita mercoledì pomeriggio per la prima conferenza stampa di Paolo Tramezzani, nuovo allenatore del FC Lugano. Che si è presentato assieme al presidente Angelo Renzetti. Il ghiaccio è stato rotto dal direttore Michele Campana che ha chiesto al nuovo tecnico quale sia la sua prima impressione dopo aver incontrato in questi giorni i collaboratori dello staff e i dirigenti. “La prima impressione è stata decisamente positiva. Ho avuto la possibilità di incontrarmi con diverse componenti dello staff tecnico, sanitario e medico e anche societario. Ho notato subito grande disponibilità nei miei confronti, grande voglia di condividere insieme questo mio inizio di una nuova carriera. Ringrazio le persone con le quali ho avuto a che fare in questo inizio per quello che mi hanno già dimostrato e dato”.

-Era già stato corteggiato questa estate dal Lugano e ancora questo inverno. Cosa è cambiato in questi sei o sette mesi?

“Quest’estate ho avuto modo di sentirmi con la società: probabilmente era per me un momento delicato, coincideva proprio con la partecipazione agli Europei della nazionale albanese e quindi non ho avuto tutto il tempo per riflettere bene su quella che era una decisione per me importante anche nel rispetto di quello che in quel momento stavo facendo e stavo vivendo. Poi successivamente ho avuto modo di realizzare in maniera più approfondito quello che mi piacerebbe fare nella vita e conseguentemente è stata una scelta abbastanza semplice pur se con le tante difficoltà, perché sapevo che lasciavo un posto molto bello dove ho vissuto cinque anni importanti sotto tutti i punti di vista avendo a che fare con persone che mi hanno dato tanto. Però la decisione è stata sulla consapevolezza che voglio far l’allenatore da grande.”

-Hai scritto una lettera molto commovente rispetto alla tua esperienza con l’Albania. Cosa ti lascia e cosa ti porti a Lugano di quel bel periodo?

“Credo che nella lettera ho provato quantomeno in parte a spiegare quello che sono stati questi 5 anni. Ricordo il primo giorno quando Gianni De Biasi mi propose di seguirlo erano tanti anche i dubbi, le paure e le perplessità. Arrivavamo in una realtà sconosciuta sotto tutti i punti di vista e sotto tanti profili. Però credo che, per come l’abbiamo vissuta noi, non sia stato un salto nel vuoto ma una sfida che abbiamo accettato con grande entusiasmo e grande umiltà consapevoli che c’era tanto lavoro da fare. Quando davanti a me so che per raggiungere determinati obiettivi c’è da lavorare  è la parte che mi preoccupa di meno perché so benissimo che nella vita anche quello che sono riuscito a ottenere e a realizzare nell’ambito professionale oltre che in quello da calciatore è partito proprio da una base di impegno massimale. Non ero un campione quando giocavo e sapevo che quindi dovevo tirar fuori qualcosa in più rispetto agli altri e questo mi ha consentito di riuscire a fare il massimo. Spesso sono andato oltre i miei limiti attraverso il lavoro, la volontà e la voglia di superare le difficoltà alle quali mi sono trovato davanti. Questa è un’esperienza che mi porto dentro. Ho avuto anche un ruolo di direttore tecnico delle nazionali giovanili che mi ha permesso di poter girare l’Europa e il mondo anche facendo un lavoro come scouting: e questo mi ha permesso di completare la mia formazione anche dopo che ho smesso di giocare.”

-Visto che da grande hai deciso di fare l’allenatore-capo hai qualche esempio al quale ispirarti o ti definiresti semplicemente un allenatore moderno?

“Non so cosa intenda per allenatore moderno. E’ chiaro che ho avuto la fortuna di avere dei grandi allenatori che sono stati dei maestri per me. Ma al di là dell’aspetto tattico o puramente calcistico, che mi sembrano riduttivi rispetto a tutto quello che mi hanno trasmesso, ho imparato che l’aspetto umano è fondamentale. E non intendo legami di amicizia con le persone con le quali ho a che fare quotidianamente ma sicuramente rispetto, quello ci deve essere come ci devono essere anche tanti altri valori. Poter lavorare in un ambiente sereno che coinvolga tutte le parti sia fondamentale. Penso che una delle priorità sia proprio questa. E far sì che intorno alla squadra ci sia una compattezza, un senso di appartenenza, riuscendo a coinvolgere -è una speranza- in questo cammino e percorso la società e non ho dubbi avendo parlato molto in questi giorni con Angelo Renzetti, ma anche i nostri tifosi e anche il lavoro che fate voi giornalisti. Se riusciamo a incanalare tutte le intenzioni in un’unica direzione credo che sia più facile e più semplice, pur essendo consapevole che il mio ruolo, come quello di tutti gli altri allenatori, dipenda molto dai risultati.”

-Considerato che è alla sua prima esperienza non la spaventa subentrare in corso d’opera con una squadra ereditata da un collega, ritrovarsela praticamente fatta con un lavoro già fatto?

“Credo di avere un vantaggio.  Che questa sosta prima dell’inizio del girone di ritorno mi permetta di partire avendo un mese di tempo in cui posso conoscere i ragazzi, iniziare dei colloqui  che mi permettano di spiegargli a livello didattico ma soprattutto sul campo quello che mi aspetto da loro. Quello che possono fare e possono ottenere. E’ una squadra che già conosco. Ho visto tutte le partite che ha disputato in campionato e in Coppa. Ho imparato anche che all’inizio è fondamentale che da parte mia si faccia un passo verso i ragazzi. Sono l’ultimo arrivato e quindi mi avvarrò molto anche di quella che è stata l’esperienza dei sei mesi precedenti dello staff che rimane al completo. Ho avuto modo di verificare anche il lavoro che è stato fatto a livello tattico e credo che le proposte metodologiche siano state più che valide e quindi mi sento  di fare i complimenti a chi mi ha preceduto e al suo staff perché mi da le basi per iniziare il mio lavoro che sarà in alcuni modi e in alcune parti diverso”.

-Alla luce di quello che ha detto a proposito della sua carriera di calciatore vedremo quindi un Lugano piuttosto operaio, con un’anima pugnace  che cerca di andare oltre i propri limiti?

“Non mi faccio condizionare da quello che è stato il mio trascorso di calciatore: ho fatto questa  considerazione per farvi capire e semplificare chi avete davanti oggi e spero per un periodo molto lungo. E’ chiaro che i giocatori bravi piacciono a tutti però ritengo che la squadra sia composta da elementi bravi, da giocatori disponibili. Ho imparato che la forza del gruppo è sempre decisamente e nettamente superiore alla somma della forza dei singoli. Il giocatore generoso che gioca per il compagno riceve anche molto da parte della squadra. Se riusciremo tutti a essere bravi e a sacrificare qualcosina di noi stessi per il compagno di squadra,  indipendentemente da chi possa giocare un po’ di più o di meno, questo sarà già un passo e un passaggio importante.”

-Il presidente ha detto che prima di impostare il mercato voleva attendere il nuovo allenatore. Un nome però circola: è quello di Armando Sadiku. Immagino che per lei sia un regalo gradito.Più in generale che ruolo avrà  lei nel mercato?

“Posso dire e sottolineo il fatto che con il presidente quando abbiamo iniziato questa trattativa ci siamo scambiati anche alcune idee sulla rosa attuale della squadra. Uno dei motivi che mi ha fatto scegliere il Lugano è perché la ritengo una buona squadra di base. Successivamente sono state chiuse delle trattative che fanno capire il progetto della società: si pensa e si guarda anche al futuro, alla crescita di questi nuovi ragazzi. Per quanto riguarda Sadiku è un ragazzo che conosco molto bene con il quale ho condiviso l’esperienza di questi 5 anni in Albania. E’ stato il primo dei tanti ragazzi che mi ha fatto fare 64 trasferte in questi anni in Svizzera. Ricordo ancora che giocava nel Locarno. Ma in questo momento per rispetto di Armando, dei ragazzi che sono in rosa, di quelli che rimarranno o usciranno, preferirei non parlare della sua situazione.”

-Per quanto riguarda l’assetto tattico il Lugano in campionato ha cambiato sovente modulo, dal 4-3-3 al 4-4-2. Tu da quello che si è letto avresti pensato anche a una difesa a tre: hai già un’idea di come mettere in campo i giocatori?

“Credo che questa sia una delle mie più grandi responsabilità. L’essere in grado di far sì che questa squadra nei prossimi mesi possa  giocare e interpretare anche a gara in corso moduli differenti, non tanto in base all’avversario quanto alla partita che vorrò che la squadra disputi. L’importante è essere eclettici. La difesa a tre mi è piaciuta da sempre grazie anche alle  esperienze di studio in giro per l’Europa e penso che possa essere funzionale anche per le caratteristiche della rosa che abbiamo a disposizione. Chiaramente pensare di giocare a tre dietro al momento non è la priorità. Per passare dalla difesa a quattro a quella a tre cambiano molte cose: distanze, occupazione degli spazi, predisposizione in ampiezza, l’atteggiamento del centrocampo e il lavoro che devono fare gli attaccanti. Mi piace la difesa a tre, è una delle tante idee che ho, ma non vi nascondo che nella parte iniziale credo di proseguire con la disposizione base che ha avuto questa squadra: linea difensiva a quattro, tre centrocampisti e la possibilità di continuare con due esterni più o meno offensivi e una prima punta. Poi vedremo anche le riposte e l’adattamento da parte dei ragazzi, sono loro che in campo mi danno le prime indicazioni.”

-Avete parlato con il presidente anche di mercato in uscita?

“Ne abbiamo parlato. Abbiamo la fortuna che il mercato sarà ancora aperto nelle prossime settimane. Il presidente mi ha insegnato subito che per determinate operazioni non bisogna avere fretta: sposo la sua linea. Questo mi darà la possibilità anche di valutare alcuni giocatori e di prendere delle decisioni d’accordo con la società”.

-L’esordio sarà stimolante a Basilea: un battesimo del fuoco. Ci pensa?

“Ci penso dal giorno in cui ho firmato. E’ una delle 18 partite importanti. E’ anche vantaggioso affrontare subito il Basilea. E’ una squadra che conosco bene. Sono stato a seguire gli allenamenti tre anni fa quando c’era Sousa in panchina. E’ una società che ha lavorato molto bene in questi anni e che merita i successi che ha ottenuto in patria e in Europa.”

-Cosa ti ha colpito del Lugano di questa stagione rispetto a quello della gestione Zeman?

“Sono venuto anche a vedere gli allenamenti lo scorso anno. E’ un allenatore che credo che ha sempre fatto giocare bene le sue squadre applicando il suo calcio. I risultati si sono sempre visti anche e soprattutto a livello individuale. Ho giocato contro le sue squadre e ne ero sempre affascinato. Il Lugano di questa stagione è forse più completo a livello di rosa con ragazzi più adatti a questo campionato.”

-Nel girone di andata ci sono stati problemi legati al comportamento della panchina. Ne hai parlato con i membri dello staff?

“Si ne abbiamo parlato con tutti i componenti dello staff. Sono stato molto chiaro con loro. Ho fatto presente quello che credo sia giusto fare,  come ognuno debba interpretare il proprio ruolo e le cose che mi aspetto che facciano con la massima serietà e professionalità oltre alle cose che secondo me non è giusto fare. So anche benissimo che io devo essere da esempio. Rappresentiamo una società importante, rappresentiamo una città, un cantone e credo che sia importante anche l’immagine che diamo di noi stessi. Massimo rispetto nel confronto di arbitri e  avversari”.

-Presidente Renzetti cosa si aspetta dal Lugano di Tramezzani?

“E’ stata una scelta ponderata. Quest’estate non c’erano i margini, ma non è una situazione lasciata in sospeso e trascinata, altrimenti lui non avrebbe prolungato il contratto con la federazione albanese, ciò che gli è anche costato finanziariamente al momento di rescindere. Tramezzani accetta la sfida. La nostra è una società che deve vivere di sfide. Zeman ci ha portato anche mille persone in più allo stadio e ci ha anche fatto divertire per certi versi. Però chiedere a Zeman di interpretare una scommessa a 70 anni era impossibile. Quindi abbiamo ripreso le scommesse: quest’estate con Manzo che devo ringraziare e che è stato anche sfortunato. E ora scommettiamo su Paolo Tramezzani, lo dico con tutto il rispetto per lui. E’ una persona che ha girato tutta l’Europa e già a scuola mi hanno insegnato che più uno gira  più impara e si fa una certa corazza. Evidentemente noi siamo sempre confrontati con certe situazioni. Mi chiedete tutti dell’arrivo eventuale di Sadiku. Io, visto il rapporto con l’allenatore, andrei in braccio a prenderlo a Zurigo. C’è un tecnico che lo conosce, un giocatore che vuol venire a tutti i costi e parrebbe facile chiudere. Però dobbiamo sempre fare i conti con il budget. Dobbiamo capire chi dei giocatori esce e renderci conto di avere le possibilità di gestire la situazione. Non intendo fare la fine del Bellinzona o del Lugano fallito. O avere le difficoltà del Chiasso e del Locarno. Sono un professionista, non posso permettermelo. Sono sulla piazza da tanti anni e non voglio rovinare tutto per il calcio. Quindi faccio le cose che ritengo giuste. Ci tenevo a dirlo. Siamo una società che deve vivere di idee e di scommesse. Finora ci siamo riusciti: abbiamo anche sbagliato, però abbiamo sempre speso meno di quanto incassavamo. E abbiamo ottenuto una promozione, ci siamo salvati in Super League, conquistando una finale di Coppa. Sfido chiunque con le stesse ristrettezze a fare altrettanto. Siamo destinati fin quando la società non si rafforza a fare il passo secondo la gamba. Ed è l’aspetto affascinante del calcio: se avessi tanti soldi probabilmente il presidente non lo farei perché non dovrei più scommettere niente. Dovrei soltanto pagare e fare come fanno tutti. “

A proposito di Andrea Manzo vorrei ribadire un concetto che mi sta a cuore. Sono stato io che l’ho preso dal Porza e l’ho portato ad allenare la U21 del Lugano e poi gli ho fatto allenare la prima squadra. Quindi non voglio male a Manzo e non mi faccio certo male da solo. La situazione che si è creata non mi piaceva, non mi lasciava tranquillo e mi dava angoscia e siccome sono io al volante dell’auto, avevo paura che mi scoppiasse un pneumatico. Non volevo andare avanti così. Purtroppo le sfide si fanno, si vincono e si perdono. Ci sono aspetti positivi e negativi. Credo molto in Tramezzani; mi sono permesso anche di dire -da entusiasta quale sono- che per me ha l’X factor, perché trasmette  voglia di fare, entusiasmo, desiderio di mettersi in gioco, quello che io cerco. Nella squadra ci credo, lui anche. Soltanto la circostanza che ha strappato un contratto importante e ha voluto venire ad abitare qui con la famiglia, tutte cose che vanno nella direzione giusta. Anche il fatto che abbia guardato tutte le partite del Lugano; ha analizzato giocatore per giocatore. Prima di sottoscrivere l’accordo mi sono fatto preparare una relazione dettagliata su tutti i componenti della rosa: è un accordo che è nato anche in modo, tra virgolette, scientifico. Credo e sono convinto che stiamo andando nella direzione giusta.”

 

 

 

 

 

 

 

 

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