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“Qui per aiutare questa grande famiglia”

Reto Ziegler, nato  a Ginevra il 16 gennaio 1986, è certamente uno dei calciatori svizzeri con le maggiori esperienze in campionati esteri. Ha vestito tra le altre le maglie di Tottenham, Amburgo, Fenerbahce, Lokomotiv Mosca, Sampdoria e Sassuolo prima dell’ultima esperienza a Dallas. Il desiderio di tornare a casa (in nazionale ha giocato 35 incontri) lo ha spinto ad accettare di dare una mano al Lugano in questo girone di ritorno.

Il forte difensore, che si allena da martedì con i nuovi compagni, è stato presentato alla stampa venerdì pomeriggio a Cornaredo. La prima domanda è stata una sorta di battuta: chi te lo fare fare a 35 anni di prendere questo nuovo impegno?

“La risposta è semplice: amo il calcio. Conosco bene questo sport e anche me stesso, l’ho già detto 35 per me è un numero, il giorno in cui sentirò di non avere più il livello necessario smetterò ma dopo tre anni trascorsi negli Stati Uniti ad alto livello non credo sia arrivato il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Credo di aver ancora tanto da mostrare e ho sempre il fuoco della passione dentro di me, credo che sia la cosa più importante”

-Tante volte si pensa che  i giocatori vadano negli States a fine carriera e si spengano: ma è appena tornato Ibrahimovich ed è tra i migliori attaccanti in Italia. Quindi non è proprio così?

“Il campionato nordamericano non è ancora una destinazione per i giovani talenti europei, ma sono sicuro che tra qualche anno lo diventerà. E’ un torneo un po’ sottovalutato in Europa ma che cresce, nella MLS vanno attualmente giocatori esperti ma è una circostanza che cambierà in futuro.”

-A proposito di paralleli con altri giocatori tu e Valon Behrami non mollate assolutamente, c’è un filo che vi tiene legati?

“Valon è un mio grande amico, ma poi siamo tutti diversi. Ho la fortuna di non aver avuto grandi infortuni a differenza di diversi amici calciatori. Tocco legno sperando che rimanga così, negli ultimi tre o quattro anni non ho saltato un solo allenamento o una partita. Queste sono cose che contano”.

-Come mai hai scelto Lugano?

“Le ragioni sono diverse. Una è certamente la presenza di Marco Padalino che mi conosce molto bene, anche il mister l’ho incontrato a Sion e naturalmente il presidente Renzetti che ringrazio per avermi dato questa opportunità. Ho avuto anche altri contatti ma non mi sembra il caso di parlarne ora, sono un giocatore del Lugano e sono felice di questa scelta. Sono arrivato in una squadra che da qualche anno fa vedere che ha un suo ruolo importante in Svizzera e che ha anche conquistato due volte l’Europa. Può fare ancora tanto anche nel presente campionato: è tutto nelle nostre mani. Sono contento di essere arrivato in una squadra forte.”

-Hai parlato della tua condizione fisica: mister Jacobacci ha confermato le tue parole. Sarai già tra i convocati per Losanna per rafforzare un reparto che ultimamente ha conosciuto qualche difficoltà.

“Mi sono sempre allenato da quando il campionato negli USA è terminato. Evidentemente non ho potuto rimpiazzare la competizione ma ho fatto il massimo che potevo. Questa settimana ho potuto conoscere di più i miei compagni, mi sento bene e sono a disposizione dell’allenatore Jacobacci”.

-Guardando le statistiche ho visto che negli Stati Uniti hai segnato qualche gol in più rispetto al passato.

“Non conosco la media. Se paragono quella di Dallas all’esperienza a Sion i dati sono simili, ho sempre segnato abbastanza, è una delle mie qualità. Qui cercherò di aiutare la squadra anche in questo senso, il gol è un’arma in più. Quando scendo in campo comunque il mio primo obiettivo da difensore è non subire reti”.

-Tu che sei un rigorista come la metti che qui trovi un altro specialista e cioè Maric?

“Non lo so. In tutte le squadre dove ho giocato ho avuto compagni che sapevamo tirare i penalty. Parleremo assieme ma non sono venuto a Lugano per calciare tutte le punizioni e i rigori.  E’ una questione anche mentale e di sensazioni del momento, vedremo.”

-Che spogliatoio hai trovato visto che la squadra non sta vivendo, dal profilo del risultati, il suo miglior momento?

“Ho scoperto un gruppo convinto della maniera in cui vogliamo giocare e questo è importante. Ma desidererei anche parlare di quello che ho trovato attorno alla squadra. E’ una società che posso paragonare alla Sampdoria dei tempi, è come una famiglia. Mangiamo insieme, ridiamo, eccetera: sono cose che non succedono in tutte le squadre. Quando alla fine andiamo sul campo lavoriamo bene e abbiamo la grande voglia di combattere assieme”.

-Sei venuto qui per chiudere la tua carriera o per rilanciarla malgrado l’età?

“Sono qua per avere successo e far bene, poi se riesco a convincere la gente perché dovrei smettere?”

-Hai parlato della tua esperienza americana. Come ci si sente a essere capitano della squadra di calcio di una città nella quale altri sport sono più seguiti?

“E’ un po’ l’idea sbagliata che avete. A Dallas come in tante altre città americana il calcio è molto amato anche se in nessuna realtà viene al primo posto. Stanno comunque  investendo un sacco di soldi e ogni anno una nuova squadra si aggiunge, quest’anno è stata la volta di Austin che da zero ha creato una realtà importante. E’ stata un’esperienza bellissima, prima del Covid gli stadi erano pieni e il nostro pure. C’è una grande cultura latina, io parlavo quasi più spagnolo che inglese con i compagni e lo staff. E’ anche grazie ai sudamericani che il soccer cresce.”

-Hai avuto modo di seguire anche altre discipline come football americano, basket e hockey?

“Certamente. Ho sempre amato la cultura americana e per me è sempre stato se non un sogno almeno un obiettivo vivere questa realtà. Ho assistito a partite di altri sport sempre a Dallas. Una volta lasciato il Sion ha avuto la possibilità di andare in MLS dove si gioca da gennaio a dicembre, prima di partire mi sono tenuto in forma giocando tre mesi con il Lucerna. E’ difficile rifiutare un contratto di tre anni in un campionato che anch’io non conoscevo benissimo e capisco che nel vecchio continente, vale anche per i miei genitori, non sia facile da seguire visto che le partite si giocano alle 3 o 4 del mattino ora europea, ma credetemi se vi dico che anche lì vi sono giocatori di ottimo livello. La Roma ha appena ingaggiato un giovane terzino terzo che giocava al mio fianco a Dallas. E’ un calcio di qualità che continuerò a seguire anche da qui.”

-In te c’è più curiosità per vedere quanta sia cambiata la Super League o più emozione per il ritorno nel campionato del tuo paese?

“Vivo una forte emozione per il ritorno nel  mio paese e in un campionato che amo. A livello personale  sono felice di tornare in Svizzera, negli States sono diventato papà di una bambina che avrà due anni fra poco e aspettiamo un’altra bimba a maggio. Sono diventato un’altra persona ed è importante per la famiglia vivere qui, ma ciò che conta è il calcio, sono qui per dare una mano a questa squadra e penso di avere  le qualità per farlo. Lavorerò duramente per arrivare al top il prima possibile”.

-Il mister ha sottolineato che la tua presenza è importante, oltre che in campo, anche nello spogliatoio.

“E’ una cosa che mi viene naturale. Sono stato capitano a Sion e a Dallas. Ho tanta esperienza ma la comunicazione è sempre stata connaturata nella mia persona, ho già parlato in questi giorni con i colleghi del reparto difensivo sottolineando come la cosa più importante sia comunicare. “

-A Lugano è stato fatto capire che le casse del club non  permettevano un grosso investimento per ingaggiarti, questo dimostra la tua voglia di venire?

“Una cosa è certa e potete scriverla: non sono venuto per i soldi. Certo ho bisogno di vivere ma sono qui perché amo il calcio, ho avuto  l’opportunità di tornare a giocare al massimo livello in Svizzera in una squadra competitiva che può anche alzare una Coppa. E’ uno dei miei obiettivi anche se non voglio parlare troppo del futuro, prendiamo partita dopo partita e io mi concentro sul lavoro da fare.”

-Esiste ancora Ziegler terzino di fascia o c’è ormai solo il difensore centrale?

“Negli ultimi sei anni ho disputato il 99% delle partite da centrale sia nella difesa a tre sia in quella a quattro. Ho fatto forse una partita con la maglia del Lucerna contro il Lugano a Cornaredo da terzino e una o due a Dallas. Preferisco essere forte e determinante in un ruolo che essere un jolly medio.”

-Nella tua carriera hai giocato in stadi pieni e con decine di migliaia di spettatori. Come stai vivendo la situazione attuale senza pubblico, la tua esperienza ti permette di relativizzarla?

“Ho giocato negli States con stadi vuoti e come tutti i calciatori non ne sono felice. Non è un compito semplice ma alla fine può anche trasformarsi in un vantaggio se giochi a Berna o altrove dove il pubblico trascina la squadra di casa. Ovviamente spero per il calcio e per i tifosi che almeno una parte possa accedere alle tribuna e agli spalti perché giochiamo anche per loro.”

-Il 2020 è stato un anno particolare per gli Stati Uniti, come la questione razziale, le presidenziali, le proteste di piazza. Dallas in questo senso che città era?

“E’ stato un periodo particolare e difficile non solo per il Covid. Pensiamo al “black lives matter”, noi del Dallas siamo stati forse l’unica squadra che si è sempre inginocchiata durante l’inno che precede ogni partita per protestare contro le discriminazioni razziali. E’ stata una scelta di gruppo, è importante essere vicini a tutte le comunità. Tanti ci hanno fischiato, ma sono orgoglioso con i miei compagni di averlo fatto”.

-Sei uno dei reduci dell’Europeo U17 vinto dalla Svizzera in Danimarca nel 2002. Tra un mese l’U21 disputerà le finali continentali in Slovenia. Quanto è difficile per un giovane rimanere con i piedi per terra dopo questo genere di tornei, magari giocati a buon livello. Ci si gioca una carriera può andare bene ma si può anche finire nel nulla?

“E’ difficile rispondere a questa domanda. Se sono l’unico ancora attivo di quella nazionale è anche perché ero il più giovane. A 16, 17, 18 anni il passo in prima squadra è difficile. Ero al Grasshopper e ho avuto la fortuna che loro sono una società che da sempre crede nei giovani e mi hanno dato l’opportunità di esordire in prima squadra. Ma subito sei considerato come un professionista e devi essere forte, non puoi più sbagliare. Il balzo non è semplice ed è in quel momento che tanti giovani si perdono pur se in Svizzera abbiamo tanti talenti. E’ anche un problema di forza mentale, essere pronti e non nervosi. E’ una caratteristica che ho sempre avuto.”

-E’ vero che hai avuto modo di giocare da giovane anche con Mattia Croci-Torti?

“Giocavo negli juniores del GC e abitavamo nello stesso palazzo a Zurigo. Assieme a noi c’era un altro talento ticinese Omar Somazzi e Lichtsteiner. Mattia era un po’ più vecchio, giocava già nella seconda squadra. Per noi era un esempio, una sorta di fratello maggiore. Mi ha fatto piacere rivederlo qui, è molto cresciuto come allenatore: è incredibile. E’ una persona molto importante per la società e l’ho notato subito.”

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Prima Squadra
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Prima Squadra
Lugano-Lucerna (1-1) 2
Losanna-Lugano 2-0 (1-0)