Celestini: siamo pronti ma temiamo per il campo

Celestini: siamo pronti ma temiamo per il campo

Allenamento sulla neve e sotto la neve venerdì mattina per la rosa bianconera in vista dell’esordio nel 2019 contro il Thun. La squadra ha svolto alcuni esercizi con e senza pallone. Per la prima volta ha lavorato con i nuovi compagni anche Numa Lavanchy (foto) appena arrivato dal Grasshopper. Al termine della seduta Fabio Celestini ha incontrato i giornalisti. La prima domanda ha riguardato il clima: “se davvero domani si dovesse iniziare il girone di ritorno cosa si aspetta il mister?”

“Evidentemente non sono le condizioni ideali. Le previsioni non sono buone anche per le prossime ore. Noi ci siamo preparati a dovere e siamo pronti ma c’è preoccupazione per le condizioni del campo. Ieri sera l’abbiamo provato in allenamento e devo dire, nonostante fosse asciutto,  che la situazione non è rosea. Era stato rovinato in novembre dalla partita di campionato con il Lucerna e dall’amichevole della nazionale con il Qatar e da allora, visto che d’inverno l’erba non cresce, non si è ripreso. Le condizioni meteo odierne non mi fanno stare tranquillo per il futuro. Se domani si dovesse giocare in che condizioni sarà il terreno di Cornaredo dopo la partita?  Mi preoccupa la prospettiva di non giocare su un campo decente le partite casalinghe dei prossimi mesi. La nostra idea e filosofia di gioco è di avere un campo sul quale si possa giocare veloci, a due tocchi, fare combinazioni: chiaramente su un terreno non in perfette condizioni diventa difficile. Non sarebbe cosa saggia sfasciarlo alla prima di campionato”.

-Il Lugano si è mosso bene sul mercato prendendo due elementi sorprendenti come Sadiku e Lavanchy, giocatori di valore. Sei sorpreso dalle operazioni in entrata fatte dalla società, vi siete mossi meglio almeno sulla carta di tutte le altre squadre?

“Sorpreso no. La società ha sempre allestito in questi anni squadre molto interessanti. Poi se vogliamo andare a vedere i due nomi non è così sorprendente che Sadiku torni in qualche modo a casa. E’ reduce di un infortunio e può darsi che per lui il miglior posto al mondo dove giocare subito, senza bisogno di adattarsi, con una società e un ambiente che gli vogliono bene sia Lugano. Quindi l’idea non è così incredibile. Quanto a Lavanchy è esploso con il Losanna quando ero io allenatore e che c’è una fiducia reciproca, quando è nata la problematica con le cavallette -non certo creata da noi, ma dalla sua società, noi non abbiamo  mai fatto il nome di Lavanchy essendo lui legato contrattualmente al GC- allora ci siamo mossi. Sapendo del passato di Numa con me diventa più facile fare delle connessioni, poi la società ha lavorato molto bene. Piccoli dettagli che ci hanno permesso di concretizzare due entrate che rinforzeranno la squadra”.

-Proprio Lavanchy è uno di quegli elementi che hai cresciuto, hai fatto giocare dandogli fiducia e lui è cresciuto notevolmente. Quali sono le sue principali caratteristiche?

“Nel 2010 giocava all’ala come aveva fatto in tutti gli anni nelle squadre giovanili. Quando sono tornato a Losanna per  finire la mia carriera in Coppa lui era all’ala destra. Però le sue caratteristiche tecniche non erano adatte a quel ruolo in un calcio professionistico. Ma lui ha una capacità di ripetere gli sforzi incredibile, è veloce e intelligente e dunque quasi naturalmente è arretrato in campo a fare il terzino. Ma per me il suo posto ideale è una via di mezzo e cioè il quinto di centrocampo. Questo perché difensivamente non ha una struttura e una formazione fin dalle giovanili e qualcosina gli manca. Ha fatto l’ala e dunque il posto ideale per lui è l’esterno alto, ha un motorino incredibile, fa la fascia su e giù per tutti i 90 minuti, come deve fare un quinto di centrocampo. Con gli anni si è sviluppato e migliorato nei cross e negli ultimi passaggi, a Losanna lo abbiamo aiutato e al Grasshopper ha continuato il suo percorso di crescita”.

-Arriva un elemento di personalità insomma?

“E’ un ragazzo tranquillo, vodese con quel che ciò implica, non fa rumore ma è molto competitivo. Anche da questo punto di vista ci siamo mossi bene nel mercato invernale, abbiamo aggiunto alla rosa due giocatori che a livello tecnico e tattico ci daranno sicuramente qualcosa in più, ma che come voglia di vincere non sono secondi a nessuno. Sia Sadiku sia Lavanchy assomigliano a svizzero tedeschi nell’attitudine agonistica e nello spirito. E’ stata volontà nostra quella di ingaggiare due elementi competitivi. Numa può essere un leader sul campo per il sacrificio e gli sforzi ripetuti; la maglietta la suda veramente.”

-Moralmente hai sempre sostenuto che in questa squadra ci voleva un nuovo spirito, che li avevi trovati un po’ spenti, ora a che punto siete?

“Io li vedo bene, ma noi siamo sempre giudicati per quello che facciamo in campo e cioè sui risultati. Per quello che è la parte oscura del lavoro siamo contentissimi, si è fatto un gran lavoro. Siamo pochi, anche lì è più facile creare affinità e formare il gruppo. Si sta creando qualcosa di speciale e importante a Lugano e non lo si fa in uno o due mesi. Ma se alla fine questo non si traduce in vittorie e punti sarà inutile.Penso che l’unico elemento sul quale ci può essere un minimo di  pressione è che si dice: stiamo lavorando bene, siamo un gruppo unito, c’è un clima di lavoro buono e i ragazzi hanno una predisposizione al lavoro fantastica, ma ora ci vogliono le vittorie. Ci vogliono per ripagare anche la società che ha fatto un grande sforzo, ha lavorato bene in uscita e per entusiasmare i tifosi che hanno grandi aspettative e non vogliamo deluderli. La gente deve essere consapevole che anche noi all’interno abbiamo le stesse aspettative e voglie di dimostrare che il poco raccolto rispetto a quanto fatto negli ultimi mesi  non ci sta bene. Cercheremo nelle prossime 21 partite -speriamo- di far felici i tifosi bianconeri”.

-Hai parlato di 21 gare non a caso, le diciotto di campionato e le tre eventuali di Coppa svizzera. Quindi ci credi?

“Tutti gli allenatori che arrivano ai quarti desiderano andare fino alla finale. In tre partite si può vincere un trofeo. E’ chiaro che noi siamo concentrati sulla partita che giocheremo giovedì 28 febbraio a Thun, ma dentro di noi c’è la voglia di superare il turno e di dare alla società, ai tifosi e a noi un trofeo. Portare la Coppa a Lugano non è come portarla a Basilea, Berna o Zurigo.  Sarebbe un traguardo storico e questo ci dà la voglia di giocarcela fino in fondo, sapendo che non sarà facile. Andremo a Thun come se fosse una finale  e se avremo la fortuna di passare affronteremo la semifinale con lo stesso spirito e così l’eventuale ultimo atto.”

-Ci sono novità sul mercato in uscita, ci sono ancora due elementi fuori rosa che si devono allenare da soli.

“Si muovono delle cose ma poi si devono concretizzare soprattutto per il bene dei ragazzi. E’ una situazione complicata e devono assolutamente trovare una sistemazione per poter fare il loro mestiere. Sono giovani e non si possono permettere di stare fermi sei mesi. Molte volte i giocatori e chi gli sta vicino non capiscono che la cosa più importante è giocare. Bisogna scegliere bene ma è sempre meglio giocare che stare fermi, al si là della squadra e del paese. La carriera dura 10, 12 anni e sei mesi di inattività sono tantissimi. Devono dimostrare altrove che possono fare bene, gli auguro di poter trovare qualcosa.”

-Per Janko il discorso è diverso: continua ad allenarsi con voi?

“Marc è nella rosa, si è allenato qua e i test sono tutti buoni. E’ bello carico e si sta allenando bene. Gli manca un po’ l’alta intensità come a Sadiku. La forma arriverà.

-L’accordo con la Juve che ne pensi?

“Masciangelo è stato attratto dal fatto, non banale, di entrare in casa Juventus: va a giocare e questo è importante. Noi abbiamo guadagnato il cartellino di Macek. Con i ragazzi che giocano poco è difficile tutte le settimane ripetergli che sono bravi. Elementi come lui e Kesckes hanno grande futuro. Saranno titolari del Lugano di domani. Sono giovani di grande talento, voglio lavorare con loro. Abbiamo  la sensibilità di farli crescere, speriamo che abbiano pazienza di aspettare il loro momento, poi non usciranno più. E’ pure il caso di Fazliu che deve trovare ancora dei meccanismi mentali per essere  più forte, mentre Macek deve togliersi qualche piccolo preziosismo che in certe zone del campo è di troppo, Kecskes deve trovare la giusta forma fisica. Siamo in un’era del ‘tutto subito’ e aspettare il proprio momento non è sempre facile. Per noi aver riscattato il cartellino di Macek è importante, abbiamo la sensazione di lavorare per noi e non per qualcun altro.”

 

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